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Una sorpresa per i grandi esperti, una scoperta per i neofiti.
Questo e molto altro è stata la spettacolare masterclass dedicata al Brunello di Montalcino di mercoledì 6 marzo, condotta con grande competenza dal sommelier Valerio Campigli.
Nella cornice dell’hotel Diamante di Corbetta, Valerio ci ha accompagnati con l’immaginazione lungo i pendii vitati del colle di Montalcino, alla scoperta di sei Brunelli 2010, annata stellare, una di quelle “alla vecchia maniera”, dicono in Toscana.
Che sia il suo segreto? Ad impreziosire la serata il servizio impeccabile e le bottiglie servite alla cieca, così che occhi, olfatto e bocca si lasciassero conquistare dal bicchiere, prima ancora che dal nome del produttore.
Anche per i più esperti di Brunello è stato un divertimento tentare di indovinare la sequenza proposta dai sommelier, mentre chi si approcciava per la prima volta a certe bottiglie lo ha fatto senza nessun tipo di pregiudizio.
La masterclass è stata aperta da una preziosa descrizione del terroir ricco di galestro che rende unico il sangiovese di Montalcino.
Seguita da una storia del Brunello raccontata attraverso le vicende della famiglia Biondi Santi: dalle intuizioni del “padre” di questo vino; fino alla seconda guerra mondiale, quando la prima annata fu salvata dalle razzie naziste. Per terminare con la consacrazione mondiale del 1999 e l’inserimento del Brunello 1955 di Biondi Santi nella lista dei migliori vini del XX secolo stilata da Wine Spectator.
Ma indubbiamente il momento più atteso era quello dell’assaggio: ecco, dunque, l’ordine scelto dai sommelier per scoprire questa incredibile annata.
Per primo il Poggio alle Mura di Banfi: marmellatoso, con sentori di petrolio e liquirizia.
Seguito dal Casanova di Neri (che ha riscosso un bel successo), piacevole al naso e al palato con i suoi sentori di mora, sottobosco e aneto.
Quindi un Fuligni incredibilmente ancora giovanissimo, dal tannino graffiante.
Quarto il Biondi Santi, dalla stratosferica complessità e finezza olfattiva, con sentori minerali, di rabarbaro, viola e un accenno mentolato; ben chiusi da un ricordo di arancia amara.
Quinto il Tornesi, unica riserva servita durante la serata.
Opulento al naso tra sottobosco, vaniglia, banana e rabarbaro.
Per chiudere con Lisini – L’ugolaia, praticamente un cru monovigneto che si fa scudo con il monte Amiata, dal frutto potente e dai ricordi di cinghiale così cari ai grandi sangiovese.
Ma ogni tentativo di descrivere significa minimizzare.
Al prossimo assaggio.