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di Francesco Pellegatta

Una terra di vigne e mare, dove lo iodio accarezza dolcemente i grappoli e dove nella mente si mescola il ricordo del “vin dei vecci” con la voglia di raccontare qualcosa di nuovo.

La Liguria è una regione ancora tutta da scoprire dal punto di vista enologico, disseminata di piccole (a volte piccolissime) cantine votate al naturale che affiancano realtà dai numeri più grandi.

Tra queste ultime ce ne sono due, in particolare, che si sono affermate mietendo successi tra critica e pubblico.

La prima è BISSON, a Sestri Levante, oggi arcinota grazie all’Abissi, primo metodo classico “affogato” per un anno nelle profondità del mare durante il processo di rifermentazione.

Il suo artefice è Pierluigi Lugano, vignaiolo, pescatore e professore di Arte. Un mix che già così stuzzica assai.

Ad accogliere i visitatori nella cantina, però, è Mattia Briganti, delegato di Fisar Genova (Delegazione storica), nonché del coordinamento Fisar Nord Ovest.

Un giro e un po’ di storia prima di passare all’assaggio. E come non partire dal simbolo dell’azienda?

  • Abissi Riserva 2016 (60% bianchetta genovese, 30% vermentino, 10% cimixià): il naso è una montagna russa tra note salmastre e di frutta tropicale, che vira progressivamente verso gli agrumi.
    Resta impresso perché molto poco “classico” nonostante il metodo di produzione: solo alla fine, scaldandosi, porta qualche nota di pasticceria e con essa qualche certezza in noi, un poco spesati dall’esperienza.
    La bocca è coerente, piena e sostenuta da una bella spalla sapida. Ma – di nuovo – non aspettatevi il solito metodo classico.
    Qualcuno scommette che ne assumerà le caratteristiche con gli anni (alcune bottiglie riposano già, in attesa, sul fondo del mare). C’è solo da aspettare.
    Da provare insieme alla seppia in umido con patate e piselli.

Ah, sappiamo cosa vi state chiedendo tutti… ma la rifermentazione sui fondali fa davvero la differenza? In che modo?

Niente da fare, dovrete scoprirlo visitando la cantina.

  • Bianchetta Genovese 2018: lineare, piacevole, armoniosa e aromatica: dominano i fiori, seguiti da pesca bianca, albicocca e – in bocca – l’immancabile sapidità che gioca con una freschezza mai eccessiva. Semplice ed equilibrato.
    La morte sua con la focaccia ligure liscia
  • Cimixià 2018 (letteralmente “cimiciato”, chiamato così per i puntini che costellano l’acino): super autoctono e super fruttato, al naso alterna pesca e ribes bianco. Ma in bocca è più strutturato, alcolico e rotondo della bianchetta genovese.
    Con una pasta al pesto (fresco e ligure mi raccomando), perché no?

La chicca: provate la loro Granaccia

Altra grande realtà da provare assolutamente è LUNAE, situata a Colombiera-Molicciara, sui Colli di Luni, vicino al confine con la Toscana.

La cantina è stata creata da Paolo Bosoni, che qui ha realizzato una struttura meravigliosa e perfettamente attrezzata per la ricezione dei visitatori (c’è perfino un museo della tradizione contadina).

Particolare curioso: nel punto vendita all’ingresso si smercia anche vino sfuso ottenuto dalle uve coltivate da agricoltori locali, gli “amici di Paolo”, come usano chiamarli.

Mentre tutto quanto finisce in bottiglia viene da vigneti direttamente seguiti dalla cantina.

Altra grande realtà da provare assolutamente è LUNAE, situata a Colombiera-Molicciara, sui Colli di Luni, vicino al confine con la Toscana.

La cantina è stata creata da Paolo Bosoni, che qui ha realizzato una struttura meravigliosa e perfettamente attrezzata per la ricezione dei visitatori (c’è perfino un museo della tradizione contadina).

Qui abbiamo viaggiato tra i vermentini, tutti in purezza:

  • Etichetta Grigia 2019: al naso emergono soprattutto note floreali, poi un po’ frutta come mela e pesca. In bocca è fresco e beverino. Da abbinare a una pasta con i funghi.
  • Etichetta Nera 2019: si sale di livello. Qui comincia il dominio incontrastato delle erbe aromatiche e della macchia ligure che non cederà più il suo trono, mentre la frutta resta in secondo piano. Elegante, sapido e perfettamente equilibrato in bocca (le annate 2018 e 2019 stanno mietendo successi). E via di stoccafisso in umido.
  • Cavagino 2019: uno stacco netto. Parliamo di un cru. Il 40% delle uve fermenta in barriques, il resto in acciaio. Ammalianti gli aghi di pino che emergono al naso, pare di camminare in un boschetto vista mare. Poi compaiono timo, miele e frutta, soprattutto tropicale e mela. I profumi sono intensi e dolci. All’assaggio il corpo si fa importante, la rotondità spiccata ma ben bilanciata dalla freschezza e dall’immancabile sapidità. Da provare con un coniglio alla ligure ben cosparso di erbe aromatiche.
  • Numero Chiuso 2016: se ne producono solo 2600 bottiglie, da qui il suo nome. È il vermentino più importante di Lunea e fin da subito trasporta negli abbaglianti paesaggi delle poesie di Montale, tra cespugli in fiore, abeti e rosmarino selvatico. Il bergamotto, la ginestra e la crema pasticcera completano un quadro olfattivo potente, anticipato alla vista dal colore dorato. Mentre in bocca esplode, pare quasi un vino da uve surmature senza mai diventare eccessivo. Senza mai rinunciare all’eleganza. Sapidità e acidità bilanciano il corpo pieno e cremoso. Infinita la persistenza. Provato (fino al godimento) con un formaggio stagionato.

La chicca: tra i prodotti di Lunae meritano una menzione pure i liquori ottenuti tramite infusione. Provate il “Pruni”, da bacche nate qui, sui Colli di Luni.

Poiché il vino è arte, potevamo forse terminare senza i versi di un grandissimo che in queste terre – tra uliveti e vigne – ha sentito nascere in sé il fuoco della poesia?

“Oh allora sballottati
come l’osso di seppia dalle ondate
svanire a poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata…”