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Cosa significa “orange wine”? O meglio – mettiamo da parte gli anglicismi – bianco macerato? Significa, in primis, il tentativo di produrre un vino che esprima la vera identità di un vitigno e, come conseguenza, racconti l’anima più autentica del territorio che quel vitigno ha accolto e fatto proprio. Questi (e tanti altri) gli spunti arrivati ai soci di Fisar Bareggio che hanno partecipato all’Enogustando “Orange is the new wine” del 17 novembre, nella cornice dell’Hotel Sempione Fiera a San Vittore Olona.

Una serata condotta dal nostro Marco Barbetti e iniziata, contrariamente all’abitudine, assaggiando, per rimandare la parte teorica a un momento successivo. Una “terapia d’urto” studiata con l’obiettivo di calarsi immediatamente in medias res e approcciare i vini macerati senza preclusioni di sorta.

Largo, dunque, al Tsiska Bianco 2019 di Nikoladze Ramaz, direttamente dalla Georgia, culla del vino, dove si pensa che questa bevanda venisse prodotta già nel 7.000 a.C. Aperto da un naso lievemente citrico e macerativo, lo Tsiska si è in seguito dispiegato su note più calde di frutti gialli e fieno. Mentre in bocca ha stupito la sua bevibilità, caratterizzata da ottima sapidità e un leggero tannino. (7 giorni di macerazione)

La serata, dopo un momento dedicato alla storia dei vini macerati e alle tecniche di produzione, è proseguita degustando il “Dettori Bianco” Romangia I.G.T. 2019 di Dettori, iconico produttore sardo. Il blend di Vermentino e del raro Moscato di Sennori, vinificato in cemento vetrificato, giocava su note di pesca sciroppata, miele, nespola e leggero smalto. Prima di lasciare il posto a frutta candita e resina non appena la quota di Moscato ha alzato la testa. In bocca, invece, le sensazioni rimandavano a un vino più strutturato del precedente, aromatico, ma sempre con buona acidità e la leggera nota amaricante, marchio di fabbrica del Vermentino. (3-4 giorni di macerazione)

Il terzo vino servito dalle nostre sommelier è stato il “Calzo della vigna” Toscana Bianco I.G.T. 2016 di Castellari, a base di Ansonica. Un concerto di frutta secca (nocciola in particolare), marmellata e miele. Il vino ha poi virato su note di camomilla. Piacevole in bocca, forse meno fresco dei precedenti ma con buona tannicità. (8 settimane di macerazione)

Prima del gran finale è stato servito lo “Integer” Sicilia D.O.C. Grillo 2018 di De Bartoli, il famoso produttore di Marsala. Un vino che nasce tra botte (10 giorni) e anfora (1-2 mesi) con note di fumo e frutta gialla che hanno poi lasciato il palcoscenico alla pietra focaia. Difficile da dimenticare l’impatto gustativo, comunque meno prepotente dei suoi predecessori di Dettori e Castellari.

Ma ad incantare i partecipanti è stato soprattutto l’ultimo vino, una leggenda tra gli orange. Parliamo del Venezia Giulia I.G.T. Ribolla Gialla 2011 di Gravner, da molti considerato il più grande vino bianco macerato al mondo. Innumerabili le sfumature olfattive: nota ossidativa (quasi di rhum), caramello, miele, incenso, dattero, resina e poi – una volta atteso il paziente lavoro dell’ossigeno – un’infinità di erbe aromatiche: timo, alloro, menta, macchia mediterranea… Pieno, potente e dalla persistenza lunghissima in bocca. Dove i muscoli non hanno mai messo in secondo piano l’eleganza. Coerente il retro-olfatto, a terminare con una sottile radice di liquirizia. (macerazione… mesi)

Se questo è il “nuovo”, viva la revolucion.

 

Francesco Pellegatta