Seleziona una pagina

Otto Champagne. Otto stelle da scoprire e mettere in discussione. La Masterclass dedicata ai Grand Cru del vino più celebre al mondo è stata un evento unico e irripetibile per tutti i soci partecipanti. Condotto da Marco Barbetti – miglior sommelier d’Italia Fisar nel 2018 – il nuovo format lanciato in questa occasione da Fisar Bareggio ci ha permesso di pensare (e ri-pensare) un mito assoluto dell’enologia mondiale. Ma la cornice di Villa Jucker, a Legnano, è stata anche l’occasione per tornare a incontrarci di persona dopo un anno e mezzo, con tante sfide e prospettive davanti. Sempre all’insegna dei grandi vini.

 

Come ha spiegato bene Marco introducendo la serata, la Masterclass diventerà un evento “dove i protagonisti sono i vini” – ben otto quelli degustati in questa occasione – affidando, invece, ai nostri ormai storici Enogustando il racconto di terroir, luoghi, produttori e grandi bottiglie.

Ma torniamo alla serata. Dopo qualche accenno sulla storia dello Champagne e sui terroir che rendono questo vino unico, siamo subito passati all’assaggio con la prima coppia, espressione della Côte des Blanc:

  • Avize Grand Cru “Terroirs” di Agrapart & Filles, un 100% chardonnay delle annate 2012-2013 (60%-40%) dal naso prorompente, tra note di pane in cassetta, brioches, nocciola e caramello. Seguiti da agrumi dolci, burro e finale piacevolmente affumicato. Dal perlage pungente e ben equilibrato in bocca.
  • Chouilly Grand Cru “Spécial Club” 2012 di Pierre Gimonnet: anche in questo caso un 100% chardonnay giocato al naso su note più floreali e minerali; sempre presenti la crosta di pane e la frutta bianca. Meno esplosivo in bocca del precedente ma più cremoso, e dall’acidità ben vestita. Bel finale lievemente vegetale.

La seconda coppia di vini ci ha portati direttamente sulle montagne di Reims:

  • Ambonnay Grand Cru “Cuvée millésime” 2010 di Billiot H., un assemblaggio 70% pinot nero e 30% chardonnay dosato a 8 g/l dove il naso era dominato da piccoli frutti rossi, pane in cassetta, miele e mandorla. Fino alla mela cotta. Più aromatico e denso dei precedenti con i suoi 6 anni di affinamento sui lieviti.
  • Con l’Ambonnay Grand Cru “Perlè Noire” di Soutiran, invece, abbiamo virato su un 100% pinot nero dalla bevibilità maggiore rispetto al vino precedente, tra note vegetali e affumicate; oltre all’immancabile frutta rossa accompagnata da sensazioni mielate.

La terza coppia della serata, invece, è stata caratterizzata da marcatori netti e decisi. Dalla Vallée de la Marne ecco

  • Aÿ Grand Cru “Noirs d’Ay” di Gosset Brabant: (di nuovo 100% pinot nero) dominato da note di funghi secchi, piccoli frutti rossi, miele e caramella mou. Oltre 60 mesi sui lieviti per un vino dosato a 3 g/l dalla grande cremosità. Paga pegno con il perlage, di durata oggettivamente inferiore rispetto alle aspettative.
  • Dizy Grand Cru Rosè “Terres Rouges” 2011 di Jacquesson: forse il vino più controverso della serata, questo 100% pinot nero rosé. Apriva su sentori curiosi di legno e naftalina, poi frutti rossi, arancia sanguinella e note floreali. Tanta potenza e tanta spumosità all’assaggio, con un “fiato” alcolico molto (troppo?) evidente. Di certo un vino difficile da dimenticare.

 

L’ultima coppia di Champagne – il gran finale – non poteva che emozionare. Con due chicche assolute, fuori dagli schemi.

  • “Mémoire” di Huré Frères: un assemblaggio 45% meunier, 45% pinot nero e 10% chardonnay. Prodotto con il metodo solera mettendo insieme le annate dalla 1982 alla 2016. Apre su note ossidative con una bella speziatura: noce moscata, cannella, liquirizia, fungo. Poi frutta bianca, fiori gialli e, scaldandosi nel bicchiere, lievi note di burro. Piacevolmente equilibrato in bocca. Più che un vino, un’esperienza.
  • Per terminare con il Grand Cru “Comtes de Champagne” 2007 di Taittinger, che ha rappresentato il degno finale di una line up indimenticabile. Dosato a 9 g/l fa (minimo) otto anni di affinamento. Al naso sottili note di cioccolato, caffè, panettone e miele. Ma anche frutta, fiori… All’assaggio? Bè, che dire? Cesellato in ogni minimo dettaglio. Guardando alla scheda Fisar si potrebbe usare senza timore di smentita l’aggettivo “armonico”. Vino sontuoso.

Non resta che dare a tutti appuntamento alla prossima Masterclass.

Francesco Pellegatta